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Coppa Davis: quando è nata, perché si chiama così e curiosità

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/Aggiornato il 13 Nov 2025
Coppa Davis

Esiste una competizione che, ogni volta che entra nel vivo, ferma il circuito individuale e cattura l’attenzione di intere nazioni: La Coppa Davis. Il suo fascino unico risiede nella capacità quasi alchemica di trasformare uno degli sport più solitari, il tennis, in un evento collettivo dove la pressione della bandiera supera quella del ranking. È l’unica arena dove i grandi campioni mettono da parte gli obiettivi personali per un traguardo condiviso. La sua incredibile longevità, che ormai supera i 120 anni, ne testimonia il prestigio.

Nonostante la sua notorietà planetaria, molti appassionati e scommettitori non conoscono l’affascinante storia dietro la sua fondazione. Il seguente articolo spiegherà come e quando la competizione è nata, svelerà l’identità dell’uomo che le ha dato il nome e il trofeo, e analizzerà i record e le curiosità più incredibili che ne     hanno segnato la lunga storia.

Coppa Davis: quando nasce e l’idea di quattro studenti di Harvard

L’origine della Coppa Davis ci riporta al 1899, in un contesto sportivo molto diverso da quello attuale. Quattro studenti membri della squadra di tennis dell’Università di Harvard, tra cui un giovane di nome Dwight F. Davis, ebbero un’idea ambiziosa e audace per l’epoca: organizzare una sfida di tennis per stabilire un confronto diretto tra le due più grandi potenze sportive di allora, gli Stati Uniti e le Isole Britanniche (l’odierno Regno Unito), con l’obiettivo semplice e diretto di dimostrare chi fosse il più forte.

Il progetto prese forma e la prima edizione si tenne nel 1900 con sede a Longwood Cricket Club di Boston, nel Massachusetts. Il formato originale fu messo alla prova e il risultato sorprese molti osservatori, infatti gli Stati Uniti, padroni di casa, ottennero una netta vittoria per 3-0. Lo stesso Dwight Davis, l’ideatore, scese in campo e si rese protagonista: vinse il suo match di singolare e contribuì alla vittoria nel doppio, così da iscrivere il suo nome sia come fondatore che primo campione.

Perché si chiama così: Dwight Davis e l’insalatiera

Dwight F. Davis non era uno studente qualunque, proveniente da una famiglia facoltosa di St. Louis, era un tennista di ottimo livello, capace di vincere il campionato intercollegiale statunitense in doppio. Fu lui a definire la struttura della sfida e, con un gesto di notevole generosità, a commissionare e pagare di tasca propria il trofeo. La sua vita non si fermò al tennis; intraprese una carriera politica di spicco che lo portò a diventare Segretario alla Guerra degli Stati Uniti sotto la presidenza Coolidge.

È interessante notare che all’inizio la competizione non portava il suo nome poichè la dicitura ufficiale scelta da Davis era “International Lawn Tennis Challenge Trophy”. Fu il pubblico, e di conseguenza la stampa, ad adottare quasi subito la dicitura colloquiale “Davis Cup”, per identificare la manifestazione con il suo creatore e con il premio fisico. Il cambio di nome divenne ufficiale solo negli anni ’40, dopo la scomparsa di Davis, come tributo postumo al suo contributo.

Il trofeo fisico è diventato esso stesso un’icona, in quanto Davis commissionò all’argentiere Rowland Rhodes di Boston una coppa in argento massiccio, costata circa 1.000 dollari dell’epoca. La sua forma particolare, larga e capiente ma relativamente bassa, le valse quasi subito l’affettuoso soprannome di “Insalatiera” (Salad Bowl), ancora oggi usato in tutto il pianeta. Con il passare degli anni e l’aumento delle nazioni vincitrici, la coppa originale non bastava più per incidere tutti i nomi. Si rese necessario aggiungere delle basi, o “piani”, in legno e argento, che oggi costituiscono la maestosa struttura a più livelli che vediamo sollevare dai campioni.

L’evoluzione del formato: dal “Challenge Round” alle Finals

Per comprendere il dominio quasi totale di nazioni come Stati Uniti e Australia per gran parte del XX secolo, bisogna analizzare il formato storico. Fino al 1972, la Coppa Davis era regolata dal “Challenge Round“, una regola che stabiliva che la nazione campione in carica fosse automaticamente qualificata per la finale dell’anno successivo, disputata in casa. Tutte le altre nazioni dovevano affrontarsi in un lungo tabellone a eliminazione diretta, diviso per zone geografiche, solo per guadagnare il diritto di sfidare i detentori. Tale sistema, se da un lato creava finali epiche, dall’altro favoriva di molto i campioni uscenti.

La competizione si è poi aperta per accogliere sempre più nazioni fino a superare le cento iscritte. La modifica più radicale e discussa è arrivata nel 2019, quando l’organizzazione ha deciso di abbandonare lo storico formato “casa e trasferta” spalmato lungo l’arco dell’anno e che creava atmosfere infuocate nelle sfide locali. Si è passati invece a un modello concentrato che prevede le Finals, una fase finale che riunisce le migliori squadre in un’unica sede e in poche settimane, con una struttura simile a quella di un Mondiale di calcio. Una scelta che ha generato molti dibattiti tra i puristi, legati alla tradizione, e i sostenitori di un formato più moderno e televisivo.

Coppa Davis: Curiosità e Record da non perdere

La lunga storia della Coppa Davis è costellata di imprese statistiche e aneddoti che ne definiscono la leggenda. Sul fronte delle nazioni, i veri dominatori della competizione restano gli Stati Uniti, che detengono il record assoluto con 32 “Insalatiere” conquistate. Subito dietro si posiziona l’Australia, altra superpotenza storica del tennis, con 28 successi totali, molti dei quali ottenuti nell’era del Challenge Round.

Se si analizzano le statistiche individuali, un nome svetta su tutti, specialmente per il pubblico italiano: Nicola Pietrangeli. “Mister Davis”, com’è universalmente soprannominato, è un monumento della competizione in quanto detiene il record assoluto di match giocati, ben 164, e quello di vittorie totali combinate tra singolare e doppio, 120. Cifre che testimoniano una longevità e una dedizione alla maglia azzurra senza pari.

Proprio l’Italia ha scritto pagine memorabili con la prima, storica vittoria, attesa per decenni, che arrivò nel 1976. La squadra composta da Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Antonio Zugarelli espugnò Santiago del Cile in una finale carica di tensioni politiche e sportive. Il secondo, trionfale successo è giunto dopo una lunghissima attesa di 47 anni, nel 2023, quando la nuova generazione di talenti guidata in campo da Jannik Sinner ha riportato il trofeo in Italia.

La Davis, per la sua natura di sfida al meglio dei cinque set e per la pressione nazionale, è spesso teatro di maratone fisiche. Sebbene il match più lungo della storia del tennis (l’epico Isner-Mahut) si sia giocato a Wimbledon, la Coppa Davis ha il suo record specifico per un singolare: appartiene alla sfida del 2015 tra l’argentino Leonardo Mayer e il brasiliano João Souza dove il primo prevalse dopo 6 ore e 43 minuti di battaglia.

Infine, chi segue la Davis sente spesso utilizzare un termine tecnico particolare: “dead rubber”, un’espressione inglese, traducibile come “match ininfluente“, che indica un incontro che si gioca se il risultato della sfida è già stato matematicamente deciso, ad esempio, quando una squadra conduce 3-0 in un formato al meglio dei 5. Match del genere vengono spesso disputati per rispetto del pubblico pagante o per dare l’opportunità ai giocatori più giovani di fare esperienza nell’atmosfera della coppa.

La Coppa Davis è più di un semplice Trofeo

La Coppa Davis ha compiuto un lungo cammino, nata come una sfida goliardica tra studenti, si è trasformata nell’apice del tennis a squadre, l’evento più prestigioso al di fuori dei tornei dello Slam. È l’unica competizione che riesce a unire tifosi e atleti sotto la stessa bandiera, in uno sport che celebra l’individualismo.

Capire da dove viene aiuta a vivere con ancora più trasporto le edizioni future, anche nel contesto delle scommesse. La Coppa Davis, con la sua struttura a squadre, richiede analisi diverse. Oltre al classico testa a testa sul singolo giocatore, la giocata chiave è sul “Vincente Incontro” della nazione, con la possibilità di puntare sul risultato esatto della sfida (2-0 o 2-1). Restano valide le opzioni Under/Over sul numero totale di game, ideali per match equilibrati. L’Handicap sui game equilibra le quote quando un giocatore è nettamente favorito sull’altro. Il doppio, spesso decisivo, e le scelte dei capitani influenzano molto le scommesse live. Per cogliere l’attimo in tempo reale, dove la pressione nazionale può cambiare l’inerzia di un match, la reattività è tutto. Un’app scommesse come quella di BetFlag diviene lo strumento ideale per seguire l’andamento della sfida e piazzare la giocata al momento giusto.