Il Marchese Nicolò Incisa Della Rocchetta
L’autunno dei puledri del ’69 era dominato da una figura esaltante alle quale tutti affidarono le maggiori speranze: Viani. Questo soggetto stravinse il Criterium Nazionale, si impose di slancio nel Gran Criterium battendo Ortis ed il veloce Mary’s Bounty. Il cavallo, bel baio, leggero ed equilibrato, possedeva uno scatto vertiginoso, la genealogia lo garantiva per la tenuta, ma purtroppo fu una meteora. Ricomparso nella primavera del 1970 nel Premio Doria, rinfocolò le speranze, ma si azzoppò subito. “Ricostruito”, riapparve a quattro anni, ma non resse ad un allenamento prolungato e così dovette ritirarsi in allevamento. A noi piace ricordarlo nel Gran Criterium del ’69 in un’intervista con il suo proprietario il Marchese Nicolò Incisa Della Rocchetta.
Dopo la vittoria del Gran Criterium come venne valutato il cavallo e quali aspettative vi eravate posti?
“Era considerato, dopo Ribot, il miglior cavallo della Razza Dormello Olgiata, purtroppo era fragile e sofferente ad un ginocchio, ricorda il Marchese. E’ rimasto imbattuto. I problemi fisici lo portarono a non correre in Inghilterra a 4 anni, avendo avuto problemi in allenamento a Milano”.
Nel 1980, Tibalda si ascrive l’Elena di fronte a Cos Display. Mentre le Oaks la dichiarano quarta dietro a Marmolada, dominatrice della corsa con dieci lunghezze su Cos Display che arrivò seconda e terza finì Adolfina. “Cavalla di qualità “, così ama ricordarla il Marchese Nicolò Incisa che prosegue: “Bella cavalla e di qualità, certamente non una delle più forti. Tibalda era della famiglia di Tierceron, la sua carriera finì presto anche per il carattere nervoso. Il suo allenatore era Ubaldo Pandolfi, che spesso presentava soggetti nevrili, allorché femmine”.
Vincitore del Premio Parioli, del Premio Presidente della Repubblica, del Premio Del Piazzale, Mannsfeld si è imposto a St. Cloud nel Prix Eugène Adam, sui 2.000 metri, battendo Northern Gem, Northern Taste e Riot in Paris. E’ uno dei passisti “veloci” prodotti in Italia.
Una riflessione sul Premio Parioli 1974 vinto da Mannsfeld appare inevitabile. Si era soliti dire che fosse un soggetto che preferiva la pista di Roma a quella di Milano. Era vero? E se sì come mai?
“Il cavallo, in effetti, amava Roma e la sua pista, dove si esprimeva al meglio. A Milano avrebbe potuto correre un 1.600, tanto è selettiva la dirittura. Nella capitale arrivava bene fino ai 2.000. Era un cavallo che non si risparmiava, tirava molto e questo suo carattere lo portò a correre bene in Francia, montato da Andreucci, forse perché distratto dall’ambiente che non conosceva”.
Zabarella, una bella grigia che si aggiudica le Oaks ed il Lydia Tesio nel’77. A quale altra grande cavalla della Dormello ritiene di poter paragonare?
“Allo stesso livello di Tibalda. La sua vera corsa furono proprio le Oaks. Quando si provò il trasferimento in Francia Boutin disse che non era abbastanza buona per le grandi corse francesi”.
Il Derby del 1979 lo vinse Marracci, che bruciava in lotta Ladislao di Oppelm, Lucky Luciano, Good Times e Van der Linden.
Derby Italiano, 1979 Marracci e 1980 Garrido. Quale dei due Derby ha vissuto di più col cuore e perché?
“Col cuore quello di Marracci vinto per una testa”.
Il nostro gradito interlocutore ci ricorda che a 4 anni vinse il Milano, doppio (col Derby dei 3 anni) difficile per allora e per adesso per qualunque soggetto.
“Corse bene anche a Baden Baden, dove arrivò secondo” – confessa il Marchese con un’inflessione di affetto per questo campione – “mentre Garrido: quasi inaspettatamente corse 3 Derby, Italia Francia e Irlanda” – altro esempio di grande atleta. Poi si torna su Marracci e definisce un cavallo difficile da gestire in corsa, dotato di un solo passo, ma di gran fisico. Di modello normale, forse leggermente inferiore alla media, ma dotato per altro di straordinaria armonia di linee. Nel mantello quasi nero, appariva elegante e morbido nei movimenti. Hogarth cavallo dotato di scatto e progressione, amava correre all’attesa. La sua distanza ideale erano i 2.000, terreno buono tendente al morbido. Nel Parioli aveva lasciato ogni possibilità per una snervante attesa prima della partenza. Dai 2 ai 5 anni ha disputato 26 corse tra Italia e Inghilterra, con 11 vittorie e 13 piazzamenti. A 2 anni era imbattuto, a 3 si è ascritto il Derby di Roma, secondo nel Gran Premio d’Italia e terzo nel Milano. A 4 anni è secondo nel Milano, terzo nelle Eclipse Stakes e nelle King George VI and Queen Elisabeth e quarto nelle Champion Stakes. A 5 anni vince il Presidente della Repubblica, con tempo record, ed il Piazzale. Questo interessante razzatore portò in Italia le grandi qualità miglioratrici del Tedesco Neckar (m. b. da Ticino e Nixe).
Il Premio Presidente della Repubblica del 1970 venne vinto da Hogarth, e nel 1974 e 1975 da “Mannsfeld. Qual era la differenze morfologica o attitudinale più evidente tra i due soggetti?
“Mannsfeld era un soggetto d’un passo, Hogarth era più maneggevole, un altro modo di impostare e vivere la corsa“.
Il 1971 si riassume in due nomi: Tierceron e Gay Lussac (Sc. Cieffedi, in comproprietà dei signori Barberi e D’Alessio, allevato dalla Gibi S.p.a.. Il Filiberto confermava le doti del capofila della generazione, appunto Gay Lussac, mentre Tierceron si rodava in prove di minor conto. L’incontro tra i due maggiori esponenti della generazione 1968 avveniva nel Derby di Roma del’72. Tierceron, imponente figlio di Relko e Tadolina, poderoso motore, ma dall’anteriore destro inadeguato a tanta mole e potenza Doveroso ricordare la corsa. Balza in testa all’ingresso della dirittura Tierceron, nel tentativo di far sentire la distanza all’avversario Gay Lussac, montato da un indiavolato Gianfranco Dettori “Il Mostro”, che lo tallonava per folgorarlo col suo proverbiale spunto, anche e certamente favorito dalla sensibile discesa della pista delle Capannelle (Ippodromo del Galoppo di Roma), al contrario era poco indicata per la struttura fisica di Tierceron. Altri dissero che Andreucci, il fantino di allora della Dormello Olgiata, avesse interpretato il cavallo in modo non proprio accorto. Ma si sa le corse sono corse. Nel Gran Premio d’Italia del 1972 non ci fu la rivincita. Tierceron fece un capolavoro, vincendo con un vertiginoso 2’ 26” e 4/5 e lasciando Weimar e l’inglese Card King molto indietro. Qui, Tierceron si confermò galoppatore di classe internazionale. Dopo una trasferta ad Ascot mal interpretata, Gay Lussac (contro favorito nelle King George vinte da Brigadier Gerard) sparisce, mentre Tierceron continua a calcare le piste: ottiene una facile vittoria in autunno nel St. Leger ’72, poi stravince il Jockey Club ’72 in 2’ 28” e 4/5, disponendo facilmente di Sang Bleu e Beau Charmeur.
“Con questo soggetto” – ammette il Marchese – “finisce un periodo importante per la Dormello Olgiata”.
Marchese, cosa ricorda di questo grande campione, con 4 madri nel pedigree vincitrici classiche.
“Aveva indubbiamente la statura del grande campione. Era un cavallo d’un passo solo, per questo purtroppo, a Roma il Derby non lo vinse. Anche se e giustamente, i tecnici di allora e gli storici ippici hanno sempre detto che la corsa della verità era il Gran Premio di Milano, per vincere il quale, al tempo, ci volevano grandi mezzi. Fu un po’ deludente in razza. Forse perché non perfetto morfologicamente, davanti”.
Nel ricordare questo grande cavallo il Marchese Nicolò Incisa fa trasparire tutta la passione del grande allevatore, proponendo una rapida disamina sulle distanze classiche e sulla volontà e capacità di oggi di fare selezione. Una frase veloce che fa capire tante cose e che racchiude il concetto dell’ippica con la I maiuscola e non delle corse di cavalli con la c minuscola. “Con il Derby a 2.200 metri ed il Gran Premio d’Italia ridotto a LR non si va lontano” – chiosa il Marchese Nicolò Incisa Della Rocchetta. “In fondo per 30 anni queste due corse a 2.400 metri hanno permesso all’allevamento italiano di produrre fior fiore di campioni, dando delle linee agli allevatori italiani”.
Abbiamo provato a rivivere undici anni di grande ippica di casa nostra, raccontando i campioni di quel tempo della più gloriosa “giubba” italiana, non ce ne vogliano i Vittadini o i cultori della Cieffedi di allora, per la quale provavo grande stima, ma la Dormello è la Dormello e racchiude in sé un fascino quasi irripetibile. Ricordo le visite a Bolgheri da ragazzo, in compagnia del signor Enrico Camici, all’allevamento della Dormello, per ammirare le fattrici coi puledri che venivano osservate e studiate attimo per attimo, con grande attenzione anche nei particolari e con un Tierceron maestoso che faceva capolino dal suo box.
Una Grande Ippica
[Daniele Fortuzzi, 04/09/2012: Intervista esclusiva al Marchese Nicolò Incisa Rocchetta – redazione Galoppo & Charme]