Anche se sono passati ormai venti anni per i più giovani c’è Varenne. Gli appassionati di storia sanno tutto di Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, o di Marengo, lo stallone arabo preferito da Napoleone. Agli esperti del settore restano nel cuore le gesta di Seabiscuit negli Usa e di Ribot in Italia. Ma pochi conoscono le gesta di Vandalo, mitico trottatore di fine ‘800. E si perdono una grande storia, quella di un romano nato 150 anni fa che dopo essere stato scartato da re Vittorio Emanuele II perché indomabile e inservibile vince un numero impressionante di corse. Ufficialmente ne vengono registrate 200 su 226 corse disputate, ma in realtà sono molte di più.
Vandalo non ha solo meriti sportivi però. Vince probabilmente almeno trecento corse e quando batte i campioni stranieri va a batterli all’estero. E in tanti anche grazie a lui prendono a sentire l’orgoglio dell’essere nazione. In fin dei conti l’unità d’Italia era stata fatta da nemmeno vent’anni. Il tifo per Vandalo conquista perché si diverte a dare spettacolo, sprizza gioia e orgoglio e interagisce con il pubblico come mai nessun cavallo aveva fatto.
Figlio del purosangue inglese Huntsman e della Norkfolk Cassandra, Vandalo diventa leggenda grazie all’intuizione e all’amore dell’allevatore emiliano Alessandro Falzoni Gallerani che convoglia la voglia del cavallo per la vittoria. Non certo grazie alle frustate e alle tecniche repressive adottate nelle scuderie reali, da dove viene cacciato perché nessuno riesce a capirne il carattere. Vandalo è anche una vera manna per i suoi proprietari: nella sua carriera vince 450.000 lire, una somma immensa per l’epoca.
Nel 1885 Vandalo batte l’ultimo dei tanti record e vince a sorpresa la sua ultima gara, il Premio Eridanio di Ferrara. Alla fine di quella gara il marchese Alfonso Constabili, suo primo padrone, quello dell’allevamento del Trombone a Consandolo Ferrarese, lo riporta dove la sua fantastica storia è iniziata. Tra mele, carote, prati e pacche affettuose.